Il racconto di una neo volontaria
Stefano era un bambino di tre anni cui era stato diagnosticato un ritardo cognitivo, a causa di ciò è stato maltrattato e seviziato dalla mamma biologica, poi abbandonato e dato in affido a una famiglia che con generosità lo ha accolto. L’incontro con Stefano e la sua famiglia affidataria o, meglio, con la loro storia comune, da una parte mi ha emozionato per la profondità del loro rapporto e dall’altra mi fatto riflettere molto sulle problematiche sottese alla scelta dell’affido.
Quando penso a Stefano e a tutti gli altri bambini in affido, penso alla fatica, talvolta alla sofferenza, presenti nella “cura dei legami” tra tutti i soggetti coinvolti in ogni storia di affido. Questa cura prevede decisioni, scelte non facili, necessità di figure professionali di riferimento competenti, notevole lavoro di équipe e capacità di relazionarsi con le risorse del territorio.
Gli incontri tra le psicologhe del CAM – Centro Ausiliario per i Minori e le famiglie affidatarie, ai quali sono stata invitata a partecipare come volontaria, mi hanno aperto un mondo: l’esperienza che ho fatto è stata, da una parte, di misurare le mie emozioni, spesso forti e contrastanti durante l’ascolto delle storie familiari, dall’altra, di osservare la capacità di ascolto e l’approccio professionale delle psicologhe, tendenti a individuare un percorso che vada oltre le difficoltà esposte.
Ho iniziato la mia esperienza negli Affidi CAM con la curiosità di una neofita (ho fatto tutt’altro nella mia vita lavorativa). Oggi faccio la volontaria con passione.